Prima di diventare il Presidente degli Stati Uniti o di essere il protagonista principale di un reality, Donald J. Trump fu considerato il salvatore di Atlantic City. I suoi piani per rilanciare la città investendo in case da gioco e hotel ovviamente piacquero a molti, in New Jersey e non solo. Oggi, a 30 anni di distanza, alcuni suoi comportamenti dell’epoca sono finiti al centro delle critiche.

Trump è nato a New York City ed è cresciuto nel settore immobiliare. A insegnargli il mestiere fu il padre Fred, proprietario dell’azienda di famiglia Elizabeth Trump & Son. Dopo essersi laureato in economia alla Wharton School, Università della Pennsylvania nel 1968, iniziò a lavorare con il padre e assunse la direzione dell’azienda nel 1971, ribattezzandola The Trump Organization.

Mentre il business del padre ruotava principalmente sugli alloggi per famiglie di ceto medio nei sobborghi di New York City, Trump decise di spostare la sede della società a Manhattan, dov’era possibile realizzare progetti più proficui. Il suo nome balzò per la prima volta alla cronaca nel 1973, quando lui e il padre vennero accusati di discriminare dal punto di vista razziale i potenziali acquirenti e affittuari di alcuni loro edifici a Brooklyn e nel Queens. I Trump fecero a loro volta causa ai loro accusatori e la cosa venne risolta nel 1975.

Trump partecipò a diversi progetti molto importanti a NYC, tra cui la trasformazione del Commodore Hotel nel Grand Hyatt, la costruzione della Trump Tower e la ricostruzione della pista di pattinaggio a Central Park nei primi anni 80. Con la crescita del volume di affari e della popolarità personale, Trump iniziò ad allargare i suoi interessi ad altri campi d’investimento, come il lecensing del proprio nome per prodotti come i giochi da tavolo e l’acquisto di una franchigia nell’United States Football League, un competitor della NFL.

L’entrata di Trump nel mondo dei casinò

In seguito all’acquisto di alcuni terreni da parte dell’immobiliarista di NYC nei pressi della celebre Boardwalk di Atlantic City, la Commissione di Controllo dei Casinò del New Jersey concesse una licenza a Trump nel marzo 1982. La cosa più curiosa fu che la Commissione rilasciò la licenza dopo un colloquio di appena due ore, mentre normalmente trascorrono alcuni mesi prima di avere una risposta positiva o negativa da parte di tale autorità.

Trump tentò una prima avventura assieme ad Harrah’s, che si accollò le spese di costruzione. Il casinò, chiamato Harrah’s a Trump Plaza, diventò il decimo di Atlantic City e aprì i battenti nel maggio 1984. Trump era solito frequentare il suo casinò assieme a quelle celebrità che giungevano in città per i vari eventi sportivi e di spettacolo ospitati dalla struttura. Ma Harrah’s a Trump Plaza, un progetto del valore di 220 milioni di $, non fu altro che l’inizio.

Trump decise di non aver bisogno dell’aiuto di alcun partner quando, un anno dopo, acquistò un hotel appena costruito al porto di Atlantic City. Rilevato dalla catena Hilton Hotel, venne chiamato il Trump’s Castle Hotel & Casino. Tale decisione fece infuriare Harrah’s, che sosteneva come il nome dei due hotel, così simile, avrebbe sicuramente confuso i possibili clienti. Una lamentela che però non trovò ascolto nelle aule dei tribunali.

In virtù del contenzioso Trump decise di liquidare Harrah’s, ritrovandosi così proprietario di due casinò. Il terzo sarebbe seguito di lì a poco, e sarebbe stato considerato un capolavoro di design..

Il Taj Mahal

Quando era ad Atlantic City, con il suo stile sempre baldanzoso, Trump era solito arrivare in hotel a bordo del suo yacht di quasi 100 metri. All’epoca Trump non era l’unico a investire pesantemente ad Atlantic City. Anche Merv Griffin, noto ai più come conduttore e produttore di talk show televisivi, nonché proprietario della Griffin Gaming & Entertainment Company, investì forte in New Jersey. Quando la Resorts International, una delle società che per prime fecero di Las Vegas la capitale del gioco d’azzardo, iniziò a navigare in cattive acque a causa dell’aumentare della concorrenza, sia Trump sia Griffin fecero offerte importanti per rilevarne le attività.

Alla fine si venne a un accordo: Griffin acquistò i suoi casinò ad Atlantic City e alle Bahamas, mentre nel 1988 a Trump andò un progetto che era finito in stallo, il Taj Mahal.

Il Trump Taj Mahal Casino Resort venne aperto il 2 aprile 1990 con una cerimonia alla quale parteciparono oltre 75.000 ospiti e durante la quale si esibì anche Michael Jackson. Il casinò, del valore di un miliardo di dollari, divenne da subito il gioiello più prezioso di Atlantic City, in grado di attirare da subito frotte di turisti da tutto il mondo. Le cose cambiarono in fretta però, perché a poco più di un anno dalla sua apertura, il Taj Mahal fu costretto a dichiarare fallimento come da Capitolo 11 della legge fallimentare statunitense.

“Il casinò fu aperto in un momento che di lì a poco si sarebbe rivelato disastroso,” dichiarò poi Steven P. Perskie al The Boston Globe. All'epoca Perskie era l'ex Presidente della Commissione Statale di Controllo sui Casinò e socio in affari di Trump. “Nel giro di pochi mesi, se non di settimane, il Paese fu colpito dalla recessione e questo rese il Taj Mahal economicamente insostenibile.”

I maggiori fattori che resero una riorganizzazione degli affari assolutamente necessaria furono la saturazione di casinò ad Atlantic City e il fatto che anche gli Stati limitrofi al New Jersey iniziarono a concedere licenze per l’apertura di tali attività. L’utilizzo del Capitolo 11 permette alle aziende di mantenere l’operatività nel periodo di contrattazione con i creditori. Per il Taj Mahal fu infine trovato un accordo che prevedeva anche la limitazione delle spese personali di Trump, che fu costretto a vendere il suo yacht e la sua compagnia aerea, in quel momento in fase di crescita.

Altri problemi finanziari

Il peggioramento della situazione economica di Atlantic City continuò, e in realtà non si è più arrestato. A meno di un anno dalla dichiarazione di fallimento del Taj Mahal, Trump fu costretto a ricorrere al Capitolo 11 anche per le sue prime due proprietà, il Trump Plaza e il Trump Casino. La ristrutturazione richiese molti anni, e nel 1995 vide la luce la società ad azionariato diffuso Trump Hotels and Casino Resorts (THCR).

Essa diventò proprietaria del Trump Plaza e un anno dopo acquistò dallo stesso Trump anche il Taj Mahal. In un periodo di presunta ritrovata floridità economica, THCR aprì un casinò in Indiana e ne costruì uno nuovo ad Atlantic City nel 1996, il Trump’s World Fair. Quest’ultimo chiuse però tre anni dopo, con l’intenzione da parte di THCR di ricostruirne uno di dimensioni maggiori sulle stesse fondamenta.

Ma la rinascita di Atlantic City era destinata a rimanere un sogno. Nel 2004 anche THCR fu costretta a dichiarare bancarotta e ristrutturare il proprio debito. L’accordo trovato con i creditori prevedeva la riduzione del pacchetto azionario di Trump dal 56 al 27%: il nome della società fu nuovamente cambiato, questa volta in Trump Entertainment Resorts (TER).

Un anno dopo, Trump vendette il suo casinò in Indiana e abbandonò ogni piano di allargamento nel settore. Nel 2007, il mancato accordo tra le parti fece saltare la vendita della società a investitori esterni. Nonostante massicci tagli nella gestione di hotel e casinò, l’azienda dichiarò fallimento per la quarta volta nel 2009, pochi giorni dopo le dimissioni di Trump da presidente della stessa: il suo pacchetto azionario venne ulteriormente ridotto al 10%. Da quel giorno, l’imprenditore statunitense non fu più parte attiva di una società di gestione di casinò. In seguito, nel corso della sua campagna presidenziale, Trump era solito dire di non aver mai dichiarato bancarotta personalmente e che delle dozzine di settori nei quali è attivo, quello del gioco d’azzardo fu l’unico nel quale incontrò alcuni problemi.

Al momento dell’uscita di scena di Trump, le azioni della TER avevano un valore di 23 cent l’una contro i 14$ di un decennio prima.

La TER non si risollevò mai più completamente. La società vendette alcuni suoi asset come il Trump Castle (ribattezzato Trump Marina) nel 2011 e decise di chiuderne altri. Essa dichiarò nuovamente fallimento nel 2014, lo stesso anno in cui Donald Trump le fece causa intimandole di cancellare il suo nome dalla catena di hotel, caduta completamente in disgrazia. Il Trump Plaza chiuse nel settembre 2016 e quello stesso anno l’investitore Carl Icahn, proprietario della maggior parte dei debiti della società, assunse il controllo del Taj Mahal. Nel 2015 firmò inoltre un accordo con Trump che gli permise di continuare a utilizzare il brand Trump.

Oggi il Taj Mahal è l’unico degli hotel risalente all’epoca d’oro di Trump ancora aperto, pur avendo rischiato di chiudere definitivamente nel 2014 prima della sua riorganizzazione. Esso è anche uno dei pochi casinò rimasti ad Atlantic City. È curioso come lo stesso Icahn divenne per un breve periodo nel 2017 consigliere del neoeletto Presidente degli Stati Uniti Donald Trump sul tema dei regolamenti finanziari.

Trump non permise alle sue zoppicanti imprese ad Atlantic City di contagiare quelle in altri settori e continuò in parallelo la sua attività d’immobiliarista a New York City. Inoltre aumentò il suo livello di popolarità presentando un programma televisivo sulla NBC chiamato The Apprentice, nel quale giovani dirigenti, poi spesso diventati celebrities, si contendevano un posto di lavoro nelle sue aziende.

Il brand Trump è stato inoltre utilizzato in settori diversi rispetto a quello immobiliare come quello della ristorazione, del golf e dell’abbigliamento.

Il mondo della politica

Dopo l’elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d’America, una setta di estremisti di destra lanciò il cosiddetto “Birther Movement,” accusando Obama di non essere veramente un cittadino americano. Rappresentanti del movimento chiesero di vedere il suo certificato di nascita: nonostante fu chiarito che Barack Obama era da considerare un cittadino americano a tutti gli effetti, il Birther Movement continuò a dimostrare contro il presidente. Il movimento era guidato da Donald Trump.

Avvertendo il malumore di varie fasce della popolazione statunitense nei confronti del mondo della politica di Washington DC, Trump iniziò in maniera informale a fare campagna politica alla fine del 2014. Esperti e osservatori previdero per lui una candidatura al di fuori dei due schieramenti principali, e soprattutto nessuna chance di successo. Nel giugno 2015 però Trump sorprese tutti e dichiarò di volersi candidare alla presidenza nelle fila dei Repubblicani. A un mese dall’inizio delle primarie, Trump era già considerato il più accreditato a vincere la nomination per il Partito Repubblicano.

Facendo riferimento alla sua abilità negli affari, Trump si è sempre dipinto come la persona perfetta per guidare alla riscossa gli Stati Uniti d’America. E se i suoi avversari si azzardavano a ricordagli le sfortune di Atlantic City, lui aveva sempre la risposta pronta.

“Delle centinaia di affari che ho fatto, e dico centinaia, solo in quattro occasioni ho tratto vantaggio dalla vigente legislazione,” dichiarò in occasione del suo primo dibattito pubblico con gli altri candidati del Partito Repubblicano. “Ma ogni persona che fa affari e che finisce sulle pagine di economia dei quotidiani ha fatto la stessa cosa. Vi è solo una differenza: se lo fanno loro nessun problema, se lo faccio io allora tutti vi mettete a gridare ‘Trump, Trump, è stato Trump.’ La verità è che ho costruito un impero del valore di oltre 10 miliardi di dollari, che ho una grande società che dà da lavorare a migliaia di persone e che di tutto questo vado molto fiero. Su centinaia di affari conclusi, solo quattro volte ho approfittato delle possibilità concessemi dalla legge. Sinceramente, chiunque nella mia posizione lo avrebbe fatto.”

Durante lo stesso dibattito Trump si spinse ad affermare:

“Ho fatto bene a lasciare in tempo Atlantic City. Me ne sono andato prima che collassasse su se stessa. Ad Atlantic City ho anche guadagnato molti soldi, quindi sono orgoglioso di quanto fatto,” ha dichiarato Trump.

Sappiamo tutti com’è andata a finire. Trump ha vinto le primarie e ottenuto la nomination ufficiale da parte del suo partito. Non solo: dopo una campagna senza esclusione di colpi è pure riuscito a sconfiggere la candidata del Partito Democratico Hillary Clinton e a insediarsi alla Casa Bianca come nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. E questo vincendo il collegio elettorale ma perdendo il voto popolare, ovvero ottenendo meno voti rispetto alla sua avversaria! Dal momento del suo insediamento poi, l’amministrazione Trump è passata da una controversia all’altra, fino a sfiorare l’impeachment per l’Ucraina-gate.

[Questo articolo è stato inizialmente pubblicato nel febbraio 2016 e aggiornato nel febbraio 2020]